martedì 25 ottobre 2011

Se sei immigrato la sbronza te la paga la Provincia

 
Polemica sui buoni spesa dei profughi accolti in Trentino
«Comprano alcolici e poi li rivendono per monetizzare.
 Esiste una sorta di caporalato che coordina tutto»

Negli ultimi tempi presso la nostra redazione sono arrivate molte e-mail di cittadini trentini che lamentano l’uso dei buoni spesa rilasciati agli extracomunitari in un modo non congruo.
Quando a queste e-mail si sono aggiunte anche le proteste di alcuni operatori dei supermercati Trentini, abbiamo deciso di intervenire e raccogliere queste informazioni direttamente per capire se c’è qualcosa di poco chiaro nella gestione di questi buoni spesa.
Prima però ci siamo documentati scoprendo alcune cose interessanti.

L’accordo tra Enti locali, Province a statuto Speciale e Regioni con il Governo, sancito il 30 marzo 2011 e integrato il 6 aprile 2011, ha previsto aiuti umanitari a tali persone.
Ai sensi della legge provinciale del 10 gennaio 1992 n.2, art.1.3, la PAT è sollecitata ad adottare determinati interventi a favore dei profughi.
Con deliberazione n. 696 dell’8 aprile 2011 la Giunta provinciale ha steso il proprio programma di intervento verso i rifugiati, assegnando al Dirigente generale competente in materia di Protezione civile l’individuazione della spesa da affrontare.

Con determinazione del Dirigente della Protezione civile n.24 del 19 aprile 2011, si sono impegnati sul capitolo 807920-002 del bilancio di previsione 2011 la cifra di euro 200.000, di cui euro 150.000 relativi a vitto, ospitalità, generi di prima necessità, arredamento e sistemazione alloggi. Inoltre euro 50.000 per accompagnamento assistenza, corsi formativi e primi inserimenti in alloggi.
Non sono però specificati quali siano i beni di prima necessità e cosa si intenda con questa dicitura.
Con determinazione n. 38 del 30 maggio 2011 è stata istituita un’ulteriore spesa di 250.000 euro: parte di 130.000 euro (non è specificata la quantità) andrà a favore di buoni spesa.

Precisiamo che, nelle interviste riportate, circa la metà degli intervistati ci ha chiesto di inserire nome e cognome senza nessun problema, ma abbiamo deciso di non farlo per tutelare comunque gli operatori dei supermercati.
In alcune e-mail giunte in redazione, molti cittadini lamentano arroganza e comportamenti poco civili da parte dei fruitori di questi buoni.
«Sono stato testimone di un fatto incredibile. – Ci scrive Marco da Trento. – L’altro giorno ero in fila alla cassa di un supermercato, un extracomunitario ha consegnato un buono di € 9,80 alla cassiera per pagare la spesa. Purtroppo il costo della spesa era superiore al buono, la cassiera gentilmente ha spiegato che doveva aggiungere ancora un euro. L’uomo non aveva in tasca nulla e ha cominciato a dare in escandescenza offendendo la cassiera e tutti i Trentini.»
Il nostro lettore poi ci spiega che solo l’intervento del direttore ha risolto il problema e calmato l’avventore e in modo laconico termina la sua lettera scrivendoci così.
«Il popolo trentino accoglie queste persone con educazione e civiltà, le aiuta, gli da una casa e da mangiare, vi sembra giusto che si comportino così?»

«Nel supermercato dove vado a fare la spesa – ci scrive invece Alessandra, – vedo spesso molti extracomunitari acquistare molti alcolici con dei buoni spesa emessi dalla provincia di Trento, il brutto è vedere poi queste persone fuori dalla porta ubriachi che spaccano per terra le bottiglie mettendo a rischio i passanti.
«Mi chiedo come sia possibile emettere dei buoni spesa e darli in omaggio a gente che li sfrutta in questo modo.»

Tutte le e-mail dei nostri lettori sono su questa lunghezza d’onda. Molti ci chiedono se sia il caso di aiutare le persone bisognose della nostra città invece che buttare i soldi in questo modo, altre si domandano se il sistema di gestione di questi buoni potrebbe essere migliorato.
Ovviamente sono diverse le strade seguite dalla Pubblica Amministrazione trentina per aiutare i residenti aventi bisogno, rispetto ai profughi ospitati per volontà dello Stato.
Ma rimane sorprendente quello che accade ai supermercati frequentati dai possessori di buoni spesa.

«I buoni a noi creano solo problemi, lungaggini alle casse, e nervosismo con i nostri clienti fidelizzati. Non avendo mai un soldo, – ci dice Roberto, molto deluso. – Devono per forza acquistare al centesimo la spesa. Immaginate la confusione nel fare i conti. Ma non solo, vorrebbero anche il resto e te lo chiedono con arroganza.»

Franco invece fa emergere una cosa molto grave.
«Qui da noi a fare la spesa con questi buoni vengono sempre i soliti, raccolgono i buoni spesa da tutti gli altri e comprano solo prodotti alcolici che poi so per certo rivendono ai bar a metà prezzo e in nero.»

Stesso tenore anche la riflessione di Rodolfo.
«Da noi arrivano sempre quelli, hanno in mano delle mazzette di questi buoni spesa e comprano solo schede telefoniche. Sappiamo che poi le rivendono per monetizzare.»

Tutti e tre i nostri amici sopra intervistati sono concordi nel dire che si tratta di fenomeni di caporalato, alcuni parlano di mafia dei buoni spesa.
L’altro giorno, – continua Rodolfo – uno di questi capetti si è addirittura arrabbiato quando gli ho ricordato che le schede telefoniche non sono un bene di prima necessità. Mi ha risposto che loro avevano il diritto di prendersi quello che volevano. Passiamo anche dalla parte del torto…»

«Io prendo € 1.100 al mese – interviene Stefania, – ho due bambini piccoli e un marito in cassa integrazione, faccio fatica ad arrivare alla fine del mese e mi vedo questi personaggi comprare il brandy o il vino buono e pagare con i buoni spesa, una vergogna!»
Anche in altri supermercati il tenore delle risposte non è diverso.
«Purtroppo non possiamo fare nulla, – risponde Paolo – sui buoni infatti non viene fatta nessuna specifica a riguardo dei prodotti da dare.»

«Scrivetelo pure – aggiunge Claudio inferocito, – questi si ubriacano con i miei soldi e tutti devono sapere che la Provincia gli compra anche le sigarette!»
Chiediamo delucidazioni per questa affermazione.
«Esatto- insiste Claudio, – gli regalano anche le sigarette perché dicono che così non s’innervosiscono e non combinano qualche guaio. Ma si può? dico…»

A Emanuele invece chiediamo se qualcuno dei supermercati ha telefonato in provincia per lamentare queste cose.
«Ci risulta che qualcuno l’abbia fatto – risponde Emanuele. – La risposta è stata incredibile, ci hanno risposto di non rompere le balle.» [Sic - NdR]

Durante questa nostra piccola inchiesta abbiamo anche scoperto che esistono varie tipologie di buoni, da quelli per i profughi della Libia a quelli per gli extracomunitari.
Tali buoni variano anche come valore, si parte da un minimo di € 9,60 e vengono erogati giornalmente. Alcuni hanno scadenza altri invece no.

In questo articolo abbiamo cercato di fare un piccolo sunto di quanto ci hanno detto i nostri lettori e gli operatori dei supermercati che sono sicuramente testimoni credibili di quanto sta succedendo.
Qui ne sono stati riportati solo una piccola parte.

Noi siamo convinti che i popoli in difficoltà vadano aiutati indifferentemente dal colore della pelle età o credo religioso.
La nostra regione è da sempre in prima linea per quanto riguarda gli aiuti umanitari e la maturità nel seguire il processo di globalizzazione e integrazione di tutti.
Ma siamo altresì sicuri che nel caso preso in esame in questo articolo la gestione debba essere cambiata oppure organizzata meglio.
La critica dei cittadini Trentini è da sempre pacata e costruttiva, ma anche ferma, attenta e in attesa di risposte.
La nostra testata è a disposizione per raccogliere i commenti di tutti i cittadini e della politica trentina a riguardo di quanto sta succedendo.
 
Roberto Conci
r.conci@ladigetto.it

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Evidentemente ascoltare i cittadini italiani in nome di un senso di giustizia non è affare della casta. Speculare con associazioni pseudo-umanitarie invece si.

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