mercoledì 1 febbraio 2012

Cermis gronda ancora di sangue e ingiustizia


Sorridevo, e così ho distrutto il video
La verità del navigatore sulla tragedia del Cermis

Un filmato amatoriale sulle bellezze del Trentino, dal Lago di Garda alle vallate dolomitiche per immortalare un pezzo del Bel Paese prima di fare ritorno a casa, negli Stati Uniti. Perché il volo del Grumman EA-6B Prowler, aereo militare statunitense del Corpo dei Marines, decollato dalla base di Aviano alle 14e36 del 3 febbraio 1998, era l'ultima missione prima della promozione del capitano Richard Ashby e del congedo del co-pilota Joseph Schweitzer. Un volo di «addestramento» che alle 15 e 13 ha colpito le funi della cabinovia del Cermis, a Cavalese, tranciandone il cavo spesso sei centimetri a una velocità di oltre 870 chilometri orari e provocando la morte dei 19 passeggeri e del manovratore. Ora Schweitzer rivela che, subito prima dell'incidente, stava effettuando riprese panoramiche con la sua videocamera. La sua faccia sorridente, in compagnia di quella del capitano Ashby, erano le protagoniste di un nastro che lo stesso Schweitzer, in preda ai rimorsi per la tragedia, ha distrutto. «Il pensiero della mia faccia sorridente vicino al sangue sulla neve alla Cnn mi consumava e ho deciso: devo avere quel nastro. Il giorno dopo l'ho distrutto». È la confessione di Schweitzer contenuta nell'inchiesta di National Geographic andata in onda ieri sera sulla piattaforma Sky. Una ricostruzione del dramma di Cavalese basata sulle testimonianze inedite dei protagonisti, dagli investigatori americani che tentarono invano di far condannare i militari fino al navigatore del Prowler, che per la prima volta parla e descrive quel video turistico eliminato per nascondere un pezzo di verità. Dopo la prima sentenza della Corte marziale americana, datata marzo 1999, nella quale pilota e navigatore vengono assolti dall'accusa di omicidio colposo, una seconda sentenza del maggio dello stesso anno stabilisce che Ashby e Schweitzer sono colpevoli di intralcio alla giustizia per aver distrutto un nastro video registrato durante il volo e che ne documentava la manovra spericolata. Lo stesso nastro che ora Schweitzer, nel frattempo insieme a Ashby degradato e rimosso dal servizio, definisce come un video ricordo di un «paesaggio splendido». Nel documentario di National Geographic l'accusa si interroga sulla sparizione del nastro. «Se distruggi la prova di un caso, quella diventa la prova che sei consapevole della tua colpevolezza. Se l'equipaggio avesse volato secondo le regole, non avrebbe bruciato il nastro», è la tesi degli investigatori che ora vorrebbero utilizzare queste nuove informazioni come ulteriore prova per far riaprire il processo. Quel nastro di cui inizialmente nessuno aveva parlato se non dopo che agli altri due membri dell'equipaggio seduti dietro era stata garantita l'immunità in cambio di ulteriori informazioni. Informazioni che erano state il sospetto lungo periodo in cui pilota e navigatore erano rimasti all'interno del Prowler dopo l'atterraggio d'emergenza ad Aviano al rientro da Cavalese. A quel punto Ashby e Schweitzer avevano parlato del nastro bruciato per vergogna più che per nascondere un volo non a norma. La difesa per salvare l'equipaggio ha parlato di illusione ottica, di cavi non segnalati sulle cartine e di insufficiente addestramento.

Il pilota
"Il pensiero della mia faccia sorridente vicino al sangue sulla neve mi consumava."
Joseph Schweitzer

Processo in America
I pubblici ministeri italiani chiesero di processare i sette militari in Italia, ma il giudice per le indagini preliminari di Trento Carlo Ancona ritenne che la giurisdizione sul caso dovesse riconoscersi alla giustizia militare statunitense.

Il nastro distrutto
Nel maggio del 1999 il pilota Ashby venne condannato negli Stati Uniti 6 mesi e radiato dal copo dei marines per il solo reato di distruzione di prove.
Stesso verdetto per il navigatore. Insieme distrussero il nastro.

Il risarcimento
Con una legge speciale i familiari delel venti vittime del disatro (soprattutto belgi e tedeschi) vennero risarciti con circa 4 miliardi delle vecchi lire per ogni persona deceduta. Tanti soldi ma nessuna giustizia.

La corte marziale
Dei quattro membri dell'equipaggio solo due affrontarono la corte marziale negli Stati Uniti. Il pilota Richard Ashby e il navigatore Joseph Schweitzer vennero assolti dall'accusa di omicidio colposo.

Silvano Welponer , sindaco di Cavalese,
commenta così la notizia dell'inchiesta di National Geographic: «Sono abbastanza sconvolto dalla dichiarazione del copilota secondo cui per non far vedere che stava ridendo con i suoi amici ha distrutto il video. Che giustizia non è stata fatta sulla tragedia del Cermis lo sapevamo già. Un vero processo servirebbe a salvaguardare il dolore e la verità storica. Non possiamo dimenticare quello che è stato perché sarebbe come fare morire due volte quelle venti sfortunate vittime». L'assessore provinciale Mauro Gilmozzi , allora primo cittadino del capoluogo della Val di Fiemme, sottolinea come nulla oggi sia cambiato dal punto di vista giuridico: «È stata una bravata che è costata la vita a 20 persone e che è stata coperta dagli apparati Nato della base di Aviano che sapevano benissimo di quei ripetuti voli a bassa quota alla vigilia della guerra in Ex-Jugoslavia. Una forma di arroganza che è proseguita fino ai processi che hanno sì stabilito dei risarcimenti dal punto di vista civile ma non hanno emesso alcuna condanna penale verso i responsabili. La Cnn già allora aveva mandato in onda una serie di questi video girati a bordo dei velivoli da militari spesso ubriachi. Nulla oggi, da quella tragedia, è cambiato; in vigore c'è ancora il patto di Londra del 1951 sullo statuto dei militari Nato in base al quale essi restano soggetti alla magistratura militare statunitense e in Europa continuiamo a ospitare basi della Nato gestite e condotte esattamente come allora, senza alcuna modifica del trattato. L'Europa per la difesa del suo territorio dipende sempre e comunque dalle forze alleate». Nel documentario di National Geographic, girato in valle la scorsa primavera, compare anche Gianpietro De Zolt , uno dei primi uomini del soccorso alpino giunto sul luogo dell'incidente. «Ricordo ancora adesso i due reattori dell'aereo - afferma nel video -; due bocche di fuoco». Nella neve sporca di sangue De Zolt poco aveva potuto fare, se non limitarsi a un'opera di pietosa ricostruzione dei corpi. «Ricordo che subito la nostra preoccupazione andò al pensiero che l'aereo non cadesse, con i pezzi dell'ala che avevamo trovato per terra. Come cittadino ero e rimango perplesso davanti a quello che è stato un semplice giochetto. A distanza di anni resta tutto ancora inconcepibile, come il ricordo della mia bimba di 4 anni che si spaventava ogni volta che il rombo dei motori risuonava nella valle, radente al terreno. Provo ancora e sempre quell'impotenza e quella sensazione di smarrimento di fronte a una tragedia annunciata. Il soccorritore in questi casi è a sua volta una vittima; quel giorno tutti abbiamo subito un trauma che ogni volta viene riportato alla luce, con la sofferenza che ne deriva».
l'Adige 01/02/2012

***
Una tragedia. Una tragedia sembra il sempre il frutto di eventi casuali che portano ad un finale terribile. Questa non è una tragedia. 
E' una strage. 
Non una bravata. 
E' una strage. 
Compiuta con l'arroganza che solo uno straniero che occupa l'Europa può avere.

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