mercoledì 19 ottobre 2011

C'è sempre posto sul carrozzone



Il Giano Bifronte - così era stata ribattezzata l'inchiesta - questa volta ha mostrato a Silvano Grisenti solo la faccia cattiva, il futuro a tinte fosche. La condanna inflitta ieri dalla Corte d'appello di Trento dopo oltre 7 ore di camera di consiglio gela le ambizioni politiche dell'ex potente assessore dell'Upt e poi presidente di A22: 1 anno, 6 mesi e 10 giorni di reclusione, più 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, per corruzione, tentata concussione e truffa ai danni dell'Autobrennero. Come dire addio definitivo alla politica se la pena, per ora sospesa, dovesse essere confermata dalla Cassazione. Sarà forse banale ridurre un processo a vincitori e vinti, ma è utile a dare un'idea di come sono andate le cose ieri.

Dopo la lettura del dispositivo da parte del giudice Carmine Pagliuca, i pm Pasquale Profiti e Alessia Silvi sono filati via senza dire una sola parola. Eppure sono loro i vincitori di questo secondo round e con loro le indagini condotte, anche grazie all'ampio utilizzo di intercettazioni ambientali, da parte degli uomini del Nucleo regionale di polizia tributaria della Finanza. La corte ha in larga misura accolto l'impostazione dell'accusa, di fatto ribaltando la sentenza di primo grado del giudice Carlo Ancona che aveva condannato Grisenti a quattro mesi, convertiti, per due episodi minori di corruzione impropria. Il successo per la procura è completato dalla condanna per turbativa d'asta a 4 mesi di Dino Leonesi (assolto in primo grado), dalla conferma dei 4 mesi inflitti all'imprenditore Stefano Oberosler per corruzione impropria e dalla condanna di Autostrada del Brennero spa e Oberosler spa al pagamento rispettivamente di 50 e 10 mila euro di sanzione. Rimane l'ultima spiaggia della Cassazione, ma intanto per le difese è una brutta botta. La pena inflitta a Grisenti è persino superiore a quanto avevano chiesto i pm in primo grado.

L'imputato è stato ritenuto colpevole anche per la controversa ipotesi di tentata concussione relativa al colloquio con il dirigente del Consorzio cooperative costruzioni, Giorgio Benedetti. Settanta minuti di registrazioni, riascoltate in aula su richiesta della difesa, che dimostrerebbero le presunte pressioni fatte affinché la cooperativa emiliana ritirasse un ricorso al Tar (poi vinto da A22) per i lavori della Cispadana. Il tono pacato di quel colloquio, il fatto che la stessa Ccc poche settimane dopo si aggiudicò un appalto dell'A22, oltre alla natura privatistica di quella trattativa, secondo la difesa, dimostrerebbero invece che non c'era alcun reato. I giudici la pensano diversamente: Grisenti avrebbe tentato una sorta di estorsione approfittando della sua posizione di presidente di Autobrennero.

C'è poi il capitolo delle corruzioni. È stata confermata la condanna per corruzione impropria per la sponsorizzazione data dall'imprenditore scomparso Fabrizio Collini, all'associazione Pattinatori Trento e una versata da Stefano Oberosler alla Pallamano Mezzocorona. Sponsorizzazioni che sarebbero state sollecitate dall'ex assessore, il quale in cambio avrebbe assicurato alle due imprese di partecipare alla cordata per la realizzazione dell'autostrada Nogara-Mare. I giudici d'appello hanno aggiunto anche un episodio di corruzione propria: Grisenti avrebbe ottenuto da Collini l'impegno ad affidare incarichi di progettazione alla ditta di cui era socio il fratello Giuseppe Grisenti, la Arca Engineering srl. In cambio alla Collini sarebbero andati appalti dell'A22 e in particolare una variante nei lavori di realizzazione del casello di San Michele. Lavori di riqualificazione energetica che secondo la difesa erano invece dovuti per adeguarsi alla normativa provinciale e non assegnati a discrezione dell'imputato.

«Manca il prezzo della corruzione», replica la difesa. Infine Grisenti scivola anche sui pasti al ristorante «Campanella», al Cimirlo, pagati con denaro dell'Autobrennero. Secondo l'accusa, che contestava un'ipotesi di truffa, l'imputato mise in conto pranzi o cene alla società anche se si trattava di incontri di partito. Dei quattro pasti contestati, solo uno è stato ritenuto legittimo, era un conto da 466 euro, mentre gli altri non centravano nulla con la presidenza dell'A22. La sentenza è stata letta in aula alle 17 e 30 dopo una lunghissima, e certo estenuante per gli imputati in attesa del giudizio, camera di consiglio. Si vede che i giudici hanno ragionato a lungo su tutti i capi di imputazione. Ma più passava il tempo, più cresceva il nervosismo. L'aria di iniziale fiducia in un esito positivo si è lentamente fatta più rarefatta. Grisenti non era in aula. È stato il suo difensore Vanni Ceola a dirgli per telefono che era andata male, molto male.

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Come una scossa di terremoto che nessuno si aspettava. E talmente violenta che anche il giorno dopo c'è difficoltà a parlarne. La condanna in appello di Silvano Grisenti non ha scioccato soltanto il diretto interessato che, nel giro di poche ore, è passato dal pregustare un rientro in grande stile in politica all'abbattimento intimo causato da una bastonata che proprio non s'aspettava. La legnata ha picchiato duro anche dentro il suo partito, l'Upt. Non tanto per implicazioni di quest'ultimo quanto perché tutti si aspettavano un finale diverso e parecchi, soprattutto nella base, erano pronti a lavorare per lui. Ora in questi c'è smarrimento perché temono di restare senza figure di riferimento solide. Uno di questi è Gianfranco Zanon , il noneso entrato in Consiglio provinciale dopo la scomparsa del valsuganotto di ferro Giambattista Lenzi.

Zanon, che pure ieri negava di aver chiamato al telefono Grisenti dopo la sentenza del tribunale, è molto vicino al presidente dell'A22, tanto che sempre ieri in aula spiegava che prima «lo sentivo quasi quotidianamente». Chi, invece, non ha mancato di far sentire almeno la propria solidarietà personale è il segretario Vittorio Fravezzi . È lui che, pur premettendo che «sarà Grisenti a valutarne l'opportunità politica, gli tiene aperte le porte della sede del partito. «Si tratta anche di una questione di stile e di civiltà di rapporti - afferma - La sua presenza nel partito non è un problema, noi non chiuderemo mai le porte in faccia a nessuno». «Dopodiché - aggiunge - è chiaro che toccherà a lui capire i tempi e i modi». «Anche per quanto riguarda la rappresentanza istituzionale il nostro statuto prevede che finché non c'è una condanna definitiva esiste la presunzione di innocenza» concldue. E se il vicepresidente del Consiglio regionale Marco Depaoli si limita a dire di «provare profondo dispiacere per la persona», Renzo Anderle , non ha alcun imbarazzo nel difendere pubblicamente Grisenti. «Mi dispiace molto per come sono andate le cose. E non è una cosa di facciata, ma quello che sento dentro» premette. «Chi ha fatto l'amministratore ha avuto modo di conoscere e apprezzare Silvano Grisenti. Per questo mi sento di dire che la sentenza pesa non solo su di lui, ma è particolarmente sentita anche da tanti altri».

«Personalmente quando ero sindaco ho sempre trovato in lui un interlocutore attento, senza mai notare sbavature nel suo agire» afferma. Il confronto con quanto avviene a livello nazionale è, secondo Anderle, impietoso. «Rispetto a quanto succede a Roma vedere una persona condannata così fa veramente impressione. Ripeto: non ho mai avuto nemmeno il più vago sentore di qualcosa che potesse pensare ad un comportamento tale da arrivare ad una sentenza così grave». Sul futuro politico dell'amico Silvano Anderle preferisce non sbilanciarsi: «Spetta a lui decidere cosa fare. È uno istintivo, uno che si butta e sposa le cause che più lo convicono. A volte, forse, fin troppo. Se lo conosco bene credo che attenderà la sentenza della Cassazione: sarebbe inutile muoversi prima con una spada di Damocle sulla testa». «In ogni caso - conclude - penso che, passato un certo periodo, la passione tornerà a prevalere. Ricordo che altri personaggi, con alle spalle situazioni giudiziarie ben peggiori (il riferimento è a Mario Malossini, ndr), si sono ripresentati in politica e hanno fatto il pieno di voti. È naturale che col tempo la gente tenda a dimenticare certi scivoloni ricordando invece le cose fatte». Giorgio Lunelli si limita ad osservare che «nel partito c'è un comitato dei garanti, toccherà a loro valutare il caso».

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Come sempre i politici trentini ci danno una grande lezione di miseria umana.

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