martedì 13 settembre 2011

Ufficiali e Marinai d'Italia, da questa sacra nave armata della Patria leviamo i cuori


L’ammainabandiera dei marinai

Le spese ormai sono insostenibili per le poche decine di soci attivi
La botta finale coincide con lo sfratto da via Lipella 
ed il trasferimento imposto al primo piano di palazzo S. Francesco
 
RIVA. Sabato prossimo, 17 settembre, è convocata nella sede di palazzo San Francesco l’assemblea dell’Associazione Marinai Bruno Miori, con un solo punto all’ordine del giorno: lo scioglimento che il presidente Andrea Elena, 89 primavere, proporrà ed i presenti approveranno all’unanimità, senza discussione e rassegnati ad un destino più forte dei ricordi dei commilitoni scomparsi, della nostalgia di un’altra Italia, della propria giovinezza.
In anni nemmeno lontanissimi gli iscritti, fra soci effettivi e simpatizzanti, arrivavano intorno ai trecento, a testimonianza d’un legame stretto fra la città gardesana ed il mare. I Chincarini -il vecchio capitano Achille e suo figlio Luciano poi- all’inizio anche attraverso Giancarlo Maroni e quindi D’Annunzio, avevano contribuito a favorire la nascita sulle sponde del Garda d’una sorta di «riserva» di giovani rivani per la leva di mare. A Riva peraltro erano stati i marinai italiani i primi a sbarcare col tricolore alla fine della Grande guerra, ed ai marinai la città ha dedicato un monumento sul suo lungolago più frequentato e centrale. La falcidia che lo scorrere degli anni ha provocato anche fra i marinai (nel granmde cartellone che ne raccoghlie le fotografie custodito in sede, i morti in mare sono vicini a quelli mancati nelle loro case) è stata frenata finchè la sede era in via Lipella: lì la gestione del bar, favorito da una posizione centrale riusciva ad assicurare almeno la copertura delle spese. Il centinaio di Crest collezionati da ogni parte d’Italia testimoniava d’una fitta serie di scambi che annualmente culminavano nelle uscite in mare a bordo d’una nave della Marina, bruscamente interrotte dal taglio dei fondi provocato dalla guerra in Afganistan. Poi tre anni fa la mazzata finale, di cui ancora ritengono primo responsabile l’allora sindaco Molinari: lo sfratto da via Lipella ed il trasferimento a palazzo san Francesco in seguito ai lavori di restauro di palazzo Lutti destinato alla biblioteca. Il palazzo è decentrato e l’obbligo di salire due rampe di scale ha allontanato la quasi totalità dei soci, sempre più carichi d’anni e di acciacchi. Oggi gli iscritti sono rimasti pochi più d’una trentina e si contano sulle dita delle mani quelli che arrivano in sede (d’estate al fresco del chiostro) a bere una birra e scambiare quattro chiacchere col presidente Andrea Elena. I gestori del bar sono stati costretti ad alzare bandiera bianca e, di conseguenza le spese (1400 euro di riscaldamento nello scorso inverno, più luce, acqua, rifiuti, tutto come in un condominio) ricadute per intero e senza sconti sull’associazione ne hanno scardinato i bilanci, curati dal segretario Nino Menapace. La conclusione è obbligata, Andrea Elena s’è stufato di rimetterci soldi di tasca propria, nessuno se la sente di raccoglierne la successione. Dopo la scontatissima decisione dell’assemblea il presidente portà le chiavi al sindaco e con le chiavi anche mazzi di ricordi d’una giovinezza lontana.

il Trentino 13/09/2011


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Se ne va in silenzio un altro pezzo di storia rivana mangiato dall'usura degli affitti e dalla noncuranza dei governanti.

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