martedì 22 marzo 2011

L'Italia è in guerra contro se stessa


Dal Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione Italia - Libia (2009): "Rispetto reciproco della «uguaglianza sovrana, nonché tutti i diritti ad essa inerenti compreso, in particolare, il diritto alla libertà ed all’indipendenza politica»; diritto di ciascuna parte a «scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale» (art. 2); impegno a «non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’altra Parte» (art. 3); astensione da «qualsiasi forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell’altra Parte» (art. 4.1); rassicurazione dell’Italia che «non userà, né permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia» e viceversa (art. 4.2); l’impegno a dirimere pacificamente le controversie che dovessero sorgere tra i due paesi (art. 5).

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L’Italia è in guerra: in poco più di 48 ore dalle pompose celebrazioni del centocinquantesimo dell’Unità ci ritroviamo in un conflitto dal quale abbiamo tutto da perdere.
In ossequio ai voleri anglo-francesi che reclamano la divisione della Libia e la secessione della Cirenaica per poterne sfruttare le risorse petrolifere e del gas, l’Italia, ostaggio dei Paesi succitati e dei loro protettori, rinuncia ai suoi interessi nell’area del Mediterraneo, ma ne subirà tutte le conseguenze in termini di immigrazione, di perdita dei contratti commerciali e petroliferi e di instabilità dell’area.
Non basta l’ipocrita e immancabile scusa di proteggere i “civili”, cioè gli insorti tribali inquadrati dai monarchici e sostenuti dagli egiziani, che in futuro assicureranno ai Paesi imperialisti i contratti petroliferi in Libia, al posto di quelli stipulati dall’ENI.
In questa fase anche Berlusconi è ostaggio dell’imperialismo anglofrancese promosso dagli americani e ha dovuto incassare la sconfitta di quasi tutti i suoi alleati geo-energetici per mano statunitense, nonché l'iniziale placet russo, in seguito ritirato, alla spedizione contro Gheddafi.
Il governo, chiaramente impotente, ha inizialmente provato a fischiettare, il che già di per sé non è bello, ma poi ha fatto di peggio, ha oscillato vergognosamente. Emblematiche in tal senso le esternazioni alternate di segno opposto del ministro Frattini.
Di posizioni ferme e chiare neppure l'ombra.
Sicché il premier, accerchiato in casa e fuori, viene oggi incalzato dai lacché professionisti di City e Wall Street che, nelle figure di Casini, Di Pietro e Fini, si stanno scalmanando nelle lodi al terrorismo aereo, ovviamente democratico e buonista, che si è scatenato sui cieli libici.
Berlusconi, onde non farsi scalzare, ha quindi pensato opportuno concedere la propria disponibilità ai registi angloamericani sperando con ciò di restare almeno personalmente a galla. Il che poi è tutto da dimostrare.
Il risultato di tutto ciò è avvilente. La totale insignificanza politica e militare italiana – che non diverge molto da quella dell'Europa – viene furbescamente mascherata con una complicità supina nei confronti di chi, con sfrontata prepotenza, pur combatte contro i nostri interessi.
Abbiamo così compiuto un voltafaccia mortificante, imbarazzante e che non promette niente per la nostra credibilità futura.
Non si può cambiare cavallo con tanta disinvoltura e accodarsi così rapidamente a chi sta bombardando un Paese che gode dello statuto di nostro partner, sperando, in futuro, di poter stipulare nuove alleanze con chicchessia.
Né si può affidare l'ufficialità del nostro disappunto per azioni militari assolutamente ingiustificate e per giunta per noi deleterie, al solo governatore della regione Lombardia.
Nemmeno possiamo aggrapparci esclusivamente alle posizioni neutraliste della Lega, le sole sensate e decorose oggi, posizioni che ricalcano quelle della Germania, unica potenza economica e politica europea ad aver fatto una scelta non servile.
Né infine ci possiamo consolare per il fatto che peggio ancora dei rappresentanti del governo e dell'opposizione, da noi si stanno comportando gli immancabili pacifisti, che stavolta, invece, mancano eccome.
Perché, probabilmente, non ricevono fondi per blaterare contro quest'intervento militare.
E, si sa, quella è gente che s'indigna a comando, e in solido.
Morale della favola: eccoci ad applaudire e a sostenere lo sforzo militare e bombardiero compiuto proprio da due delle tre potenze che più di tutte in passato - con la strategia della tensione e lo stragismo - insanguinarono la Penisola nell'intento di cacciarci dal Mediterraneo e che oggi stanno coronando la loro azione bellica contro di noi.
Cornuti e mazziati; cornuti, mazziati e contenti. Il nostro centocinquantunesimo anno unitario non poteva iniziare peggio.

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Cari politici e giornalisti (anzi senza il cari), fatemi un favore, non prendete per il culo gli italiani, queste non sono azioni umanitarie, ma azioni di guerra. Una guerra sporca, per l’energia, per il petrolio, il gas. La Francia, che non ha più, dopo Fukushima, un futuro nucleare, ha bisogno di gas e petrolio. E’ almeno dai tempi di Ustica che Francia e Italia combattono per il controllo del petrolio libico, quando i nostri cieli diventarono un teatro di guerra con aerei francesi e italiani e Gheddafi, che era presente, si salvò a stento. Gheddafi è stato appoggiato da noi quando s’insediò, dagli anni ’70, armato da noi, parte delle sue forze militari sono state addestrate in Italia in cambio di un rapporto privilegiato per il gas e il petrolio.
Questa è una guerra folle che gli europei non vogliono. Di cui sono stati informati come se fosse una notizia qualsiasi, un evento sportivo. Cina e Russia sono contrarie, la Germania si è astenuta nel Consiglio di sicurezza e il comitato dell’Unione africana sulla Libia ha rifiutato “ogni intervento militare straniero in Libia, quale che sia la forma”. Lo dichiarato il presidente mauritano Abdel Aziz, “la gravissima crisi che sta attraversando questo Paese fratello esige una soluzione africana”. Il presidente Aziz ha precisato che “nessun rappresentante dell’Unione africana ha partecipato al vertice internazionale di Parigi sulla crisi libica”.
L’ONU aveva deliberato per una “No fly zone”, non per bombardamenti a tappeto della Libia. Centinaia di missili lanciati da americani e inglesi verso “obiettivi” in un’operazione ribattezzata “Odyssey Dawn” (odissea all’alba). Un linguaggio da playstation. Più che un’alba assomiglia al Tramonto dell’ONU, a un ‘ “Odyssey Sunset”. Sono morti più civili a Tripoli per mano di Obama, Cameron, Sarkozy o a Bengasi per mano di Gheddafi? Quelli per mano libica valgono forse il doppio? L’articolo 11 della Costituzione dice che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”.
Dove sono i partiti con la Costituzione in mano che “scendevano” in piazza?
Dove sono le anime belle che esponevano le bandiere della pace?
Stiamo bombardando una nazione africana e musulmana, ma non una sola nazione africana o musulmana ha partecipato all’attacco insieme alle potenze occidentali, ai “crociati”, come li chiama Gheddafi.
L’Arabia Saudita ha invaso il Bahrain sconvolto dalle proteste, quando l’attacco agli sceicchi?
Gaza fu trasformata in un camposanto, ma nessuno intervenne.
L’Italia è una portaerei con navi canadesi, americane, inglesi che vanno e vengono dai nostri porti.
Con che diritto?
Siamo una nazione a sovranità limitata, ma questo è troppo. Fuori le basi americane dall’Italia e fuori, prima che sia troppo tardi, l’Italia dalla guerra. Non sappiamo nulla degli insorti di Bengasi, se si oppongono per ragioni democratiche, tribali, economiche, religiose o se sono manovrati da Paesi stranieri. Nulla di nulla. Chi è senza petrolio scagli il primo Tomahawk. Gli Stati Uniti ne hanno lanciati già 110 per portarsi avanti con il lavoro.
Arco, 22 marzo 2011


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I primi 2 articoli sono tratti da: www.noreporter.org
il terzo da: www.luomolibero.it

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