domenica 30 gennaio 2011

Un popolo senza passato è un popolo senza futuro


Duce a cavallo a Trento?
Panizza: Non lo vogliamo


TRENTO - «Il duce in un museo trentino? Ma neanche per idea». Franco Panizza frena immediatamente Luis Durnwalder sui bassorilievi bolzanini di epoca fascista. Il governatore altoatesino venerdì, dopo aver incassato - non senza strascichi polemici - dal ministro dei Beni culturali il via libera alla rimozione da piazza Tribunale dei fregi in pietra che ritraggono, tra l'altro, anche Mussolini a cavallo, aveva ipotizzato di poterli «affidare» anche ad una struttura museale trentina, il Museo della guerra di Rovereto o il Museo storico del capoluogo. Ma l'assessore provinciale alla cultura non ci sta.

«I bassorilievi a Trento? Neanche per idea - tuona l'assessore delle Stelle alpine - perché non avrebbe alcun senso. Ogni opera d'arte o realizzazione architettonica che sia, nasce in un contesto e in quel contesto deve rimanere. Se davvero si tratta di qualcosa che può offendere la sensibilità di qualcuno credo sia giusto pensare a spostarlo, ma tuttavia senza trasferirlo in luoghi che con quelle opere e il contesto in cui sono state realizzate e esposte abbiano comunque un legame. Spostato, ma sempre e comunque ospitato nella stessa terra».

Un trasferimento a Trento non avrebbe insomma per Panizza alcun senso. «Si tratterebbe di un vero e proprio modo di travisare la storia, perché quell'opera nulla ha a che vedere con il Trentino. Ospitare a Trento, Rovereto o comunque in una struttura museale provinciale, seppur nell'ambito di esposizioni legate al periodo bellico, non avrebbe alcun senso». Uno stop senza margini di ripensamento dunque. Anche a dispetto di un'atteggiamento più possibilistico da parte dei responsabili delle due strutture museali tirate in ballo da Durnwalder, Giuseppe Ferrandi (Museo storico) e Camillo Zadra (Museo della guerra). Entrambi si sono detti disponibili a parlarne, se e quando da Bolzano arrivi una proposta di accogliere l'opera - realizzata per la cronaca dallo scultore di Chiusa Hans Piffrader - ma il niet provinciale è chiaro. Nonostante poi ad unirli ci sia molto - dalla difesa dell'autonomia all'amore per l'Euregio - Panizza non la pensa come «Durni» neppure sulla stretta necessità di rimuovere monumenti e segni del passato.

«Ribadisco che se davvero qualcosa possa offendere gravemente la sensibilità dei cittadini, si può pensare ad uno spostamento, ma in generale non mi scandalizzerei più di tanto. Ogni cosa è testimonianza di un'epoca, degli anni in cui è stata creata. Credo sia un errore considerare un palazzo, un momumento, un'opera in stile fascista, come apologia del fascismo. E men che meno un modo di condividerne il pensiero. Si tratta semplicemente del segno di un'epoca che c'è stata. E che fortunatamente non c'è più, ovvio. Ma voler a tutti i costi rimuovere, togliere, cancellare credo non sia un'esigenza così stringente. La storia c'è stata, ogni epoca lascia propri segni sul territorio. Senza che questo voglia dire che i messaggi che portava siano attuali, per carità. E pure se la mettiamo sul piano estetico, credo un po' tutti possiamo trovare qualcosa da ridire sulla bellezza dello stile fascista. Ma non per questo si deve demolire ogni edificio».

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A parte il fatto che l'architettura fascista è stata fonte d'ispirazione per tutta l'architettura moderna, Le Corbusier in primis, e queste considerazioni di una certa ignoranza sulla bellezza e sulla storia da un, ahimè, assessore sono di una tristezza sconfortante...
A parte questo, per una volta, il Franco ha detto una cosa sensata.

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