giovedì 15 dicembre 2011

Nella stagione della caccia alle streghe arrivano i licenziamenti


Poste Italiane: in 5000
senza pensione e senza lavoro

Sono cinquanta solo in Trentino e ben 5mila in tutta Italia i dipendenti di Poste Italiane che, usciti dall'azienda sulla base di un accordo sindacale di incentivazione all'esodo, rischiano di non poter maturare il diritto alla pensione secondo la vecchia normativa previdenziale. È l'effetto della riforma delle pensioni targata Monti e Fornero che innalza l'età pensionabile e che garantisce deroghe solo ad un massimo di 50mila lavoratori di tutti i settori e di tutti gli ambiti territoriali.
La situazione è aggravata dal fatto che, a fronte della disponibilità di Poste Italiane a livello nazionale a trovare una soluzione per i lavoratori ai quali viene innalzata l'età pensionabile, un'organizzazione sindacale si sarebbe opposta all'avvio di un incontro unitario tra l'impresa e tutte le sigle sindacali, incontro che si sarebbe dovuto tenere proprio ieri.

«La situazione è drammatica e paradossale - denuncia Daniela Tessari della Slc Cgil del Trentino - Drammatica perché, se non verranno adottate misure di salvaguardia, ben 50 lavoratori di Poste Italiane in Trentino e 5mila sull'intero territorio nazionale, nel periodo coperto dall'incentivazione all'esodo non acquisiranno la certezza dell'accesso alla pensione, come era stato previsto dagli accordi sindacali. Paradossale perché, a fronte alla dichiarata volontà dell'azienda di dare risposta a questi lavoratori, una sigla sindacale ha posto il veto ad aprire un tavolo unitario ed ha fatto saltare l'incontro che si doveva tenere oggi a Roma, reclamando un confronto separato con Poste Italiane».

«Non capiamo il motivo di questo atteggiamento - conclude la sindacalista della Slc Cgil - ma è certo che ci batteremo in tutti i modi perché si riapra immediatamente un tavolo unitario. Per la Cgil, infatti, prima di ogni cosa viene l'interesse e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori ai quali dobbiamo garantire certezze in un delicato passaggio della loro vita personale e professionale». La situazione di incertezza sta comprensibilmente accrescendo l'ansia e i timori dei lavoratori che, dal 1° gennaio 2012, saranno a casa (solo in un paio di casi il dipendente è già a casa da ottobre). Le lettere di dimissioni volontarie sono state infatti già firmate, a fronte dell'accordo raggiunto con l'azienda per la copertura dei mesi o anni necessari per maturare i requisiti che consentono di andare in pensione. Le carte in tavola, però, sono cambiate e il timore dei lavoratori è di rimanere senza stipendio quanto finirà il periodo di copertura concordato in precedenza con Poste Italiane. Tanto più che, essendosi licenziati, non avranno diritto ad esempio alla mobilità.

Per questo, dal giorno successivo all'annuncio della manovra Monti, i telefoni di via Muredei hanno iniziato a squillare. Dall'altra parte della cornetta c'erano i lavoratori che, tra un paio di settinane, dovrebbero andare in pensione. Potranno farlo ancora, si chiedono? La speranza è ovviamente quella di trovare un'intesa con l'azienda per la copertura del periodo necessario al raggiungimento dei diritti necessari ad andare in pensione o, eventualmente, anche attraverso un reintegro. Il tavolo previsto ieri, come detto, è saltato, ma Poste Italiane si sarebbero dette disponibili a riconvocare i sindacati al fine di trovare una soluzione.

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"La mossa Kansas City è quando guardano a destra e tu vai a sinistra. 
Mi dispiace figliolo ma a volte la vita non è fatta di solo vivere. E poi, non si può fare una mossa Kansas City senza un morto. Essa coinvolge un bel po' di persone, collegate da un evento insignificante. Una soffiata nella notte in un ambiente che non dimentica, anche se tutti ne avrebbero voglia."


Sleven - Patto Criminale

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