venerdì 28 ottobre 2011

Augusto Grandi presenta: scemo chi legge


Sabato 29 ottobre · 16.00 - 19.00 
Astoria Park Hotel, Riva del Garda Viale Trento 9 Riva del Garda, Italy

SCEMO CHI LEGGE
è un workshop gratuito di giornalismo tenuto dal giornalista e scrittore Augusto Grandi.

Augusto Grandi è giornalista e scrittore, dal 1987 redattore del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, come corrispondente per Torino, Piemonte e Valle d'Aosta.
Autore di numerose opere, citando solo le ultime: "Baci e bastonate", "Lassù i primi. La montagna che vince", "Razz. Politici d'azzardo" e nel 2011, in coppia con Teresa Alquati, ha firmato "Eroi e cialtroni: 150 anni di controstoria".
Nel 1997 ha vinto il "premio giornalistico Saint-Vincent" e il premio "Giornalista solidarietà". Nel 2008 ha ottenuto il Premio GrinzaneMontagna per il saggio "Lassù i primi", l'Anguillarino d'Argento per "Baci e bastonate" ed ha vinto il Premio Acqui Ambiente. Nel 2010 gli sono stati assegnati il premio alla carriera "Officina delle idee" della Città di Rivarolo Canavese e il premio alla carriera "Polesani nel mondo". È membro della giuria del "Premio Acqui Storia”.

All'interno del workshop verrà presentato il libro di Augusto Grandi "Eroi e Cialtroni. 150 anni di controstoria".


Ad Augusto Grandi piace accostare gli opposti. Baci e bastonate si chiamava la sua raccolta di raconti militanti sugli anni '70, un libro profondo e delicato, a tratti poetico, che ha la prerogativa rarissima, forse unica, di esprimere esattamente quell'epoca su cui tanti hanno sproloquiato dottamente e invano. Un vero capolavoro pubblicato nel 2007 per l'Angelo Manzoni editore, in vendita a 12 euro e da non perdere in alcun caso. Eroi e cialtroni si chiama il libro appena uscito per le edizioni Politeia che tratta 150 di controstoria italiana. Una controstoria economica e sociale che pur si legge d'un fiato, malgrado la materia in sé possa presentarsi ostica. Augusto Grandi, giornalista del Sole 24ore, non è per niente prigioniero di schematismi o tecnicismi ma rende piacevole e scorrevole la lettura del saggio storico che presenta con Teresa Alquati, firma più volte apparsa sul settimanale Linea. 

174 pagine per 15 euro. Centosettantaquattro pagine che ripercorrono i fils rouges della storia incompiuta di un Paese che ha sempre esitato a farsi, e soprattutto, a sentirsi, Nazione. Così si scoprirà che sono centocinquantanni di lotta tra individualismo egoistico e sentimento comune, centocinquantanni di contrasto tra le classi dirigenti inadeguate e cialtrone e l'inventiva di base. Si noterà che in Italia permane lo scontro tra classe e nazione. E che ciò avviene più dall'alto che dal basso, la risposta sociale essendo stata quasi esclusivamente indirizzata a farsi nazionale. Questo spiega anche l'incredibile feeling che si sviluppò tra padronato e Cgil ed enfatizzerà il ruolo antisociale, antinazionale e oligarchico del sindacato comunista italiano. Ne emerge altresì la conflittualità continuativa tra Stato e oligarchia industriale e finanziaria, con tutto l'operato antistatale – o di affossamento e sfruttamento statale – da parte delle poche famiglie dominanti. Una fatica improba, vinta, almeno in parte, solo con il dirigismo, l'impegno totalitario e l'esempio. 

“Era evidente che Mussolini aveva trasformato l'Italia in una potenza industriale, nonostante le resistenze degli industriali stessi” afferma, giustamente Grandi nell'affrontare la grande rivoluzione socioeconomica e morale del Ventennio. Ma lo sforzo ventennale è poco rispetto a centotrent'anni d'improvvisazione egoistica, di assenza di programmazione, di rifiuto d'investimenti, di puro e semplice sciacallaggio. Una piaga, lo sciacallaggio, che viene da lontano, che è pre-unitaria e che continua a fare dell'Italia un Paese con la mentalità e le strutture del Terzo Mondo. Solo che un secolo e mezzo fa si trattava di un Paese che doveva crescere, oggi invece è un Paese in competizione perdente con tante e tante economie emregenti ed ha, quindi, avanti a sé prospettive molto buie. 

Così assume una luce più precisa e rigorosa anche la questione del Mezzogiorno che non si può esaurire con le pur opposte affermazioni sloganistiche e pretestuose dei padani e dei meridionalisti.

La politica di rapina post-unitaria da parte piemontese giocò un ruolo importante nell'acuire il distacco tra nord e sud ma ci furono anche altre ragioni. Come per esempio l'impossibilità del Meridione di creare sistemi a rete visto che aveva due grandi città, Napoli e Palermo ma, per il resto non vi erano lo sviluppo territoriale e la possibilità sinergica già riscontrate in Piemonte e Lombardia.

 L'Italia unita peraltro era povera; in tre decenni emigrò il quaranta per cento della sua popolazione, i due terzi dei migranti partirono dal nord e il terzo restante fu meridionale. Il vero gap, a favore del settentrione, si verificò però non tanto con l'azione da predoni dei Savoia nel sud, quanto a partire dell'elettrificazione e della costituzione del polo industriale nel nord-ovest. 

Il fascismo mise tutto in piedi per attenuare le differenze ma incontrò resistenze soprattutto a sud dove assistenzialismo e rifiuto d'investimento rappresentarono i maggiori contrappesi all'unica politica meridionale efficace. 

Nel dopoguerra, insieme alla subordinazione dello Stato a poche famiglie e allo sfruttamento delle risporse pubbliche, insieme alla privatizzazione di guadagni e alla socializzazione delle perdite, insieme alla metastasi dello stato sociale trasformato in assistenzialismo paralizzante e in burocraticismo clientelare e inefficiente, si acuì ulteriormente il disavanzo nord-sud per colpa degli egoismi, e delle culture egoistiche, di ambo le parti. 

Eroi e cialtroni ripercorre a volo d'uccello tutte le fasi della nostra storia socioeconomica e mette dovutamente in luce come il tentativo di Enrico Mattei di dare un seguito alla politica economica del Ventennio, pur sostenuto da Fanfani, restò pressoché isolato. 

A salvare il salvabile, ma in un insieme di chiaroscuri, l'avvento del piccolo. Il sistema Pmi (piccole e medie imprese) ha concesso un sussulto all'Italia dopo i disastri degli anni Settanta ed ancor oggi fornisce qualche appiglio per il futuro. Ma, come segnala Grandi, senza strutture e ossatura davanti alle sfide della globalizzazione, non sarà possibile far nulla senza un intervento politico e programmatico di ampio raggio che, sulla base della nostra tradizione storica e dei dati attuali, appare piuttosto improbabile. 

Come sviluppare questo intervento politico e programmatico non viene assolutamente nascosto da Grandi e Alquati; non si tratta di gente abituata a criticare e a non mettersi in gioco di persona. 

Un libro prezioso, istruttivo e imprendibile. Senza uguali nel settore. 

Gabriele Adinolfi 
fonte: noreporter.org

***
l'Adige 02/11/2011

il Trentino 02/11/2011



Nessun commento:

Posta un commento