sabato 25 giugno 2011

Storie dei 150: Battaglia di Ponte Caffaro



1866 giugno 24, Caffaro. “Ufficiali, Sott’Ufficiali, Caporali e Soldati del 2.o Reggimento! Anche voi ieri a Caffaro, come gli altri vostri fratelli volontari e dell’esercito, deste le prime prove del vostro valore ed avete continuate le gloriose tradizioni della camicia rossa. In nome della patria io vi ringrazio. Con giovani pari a voi, io mi prometto di compiere qualsiasi miracolo, e non dubito che le marcie disastrose, le fatiche, la mancanza d’abiti, il freddo e la fame, invece di avvilirvi faranno risplendere di maggiore potenza i vostri sguardi ed accresceranno la gagliardia ai vostri polsi. Bravi volontari, di quanto avete fatto nei primi duri giorni della vita militare, la patria può attendere un brillante esito d’ogni più ardita impresa, che ci venga in comune affidata. Alla vittoria che niuna forza umana può contenderci, alla conquista di tutti i sacrosanti diritti, che despoti d’ogni maniera hanno finora calpestati prepariamoci animosi.
Il Comandante il Reggimento. Pietro Spinazzi” .


La battaglia di Ponte Caffaro fu un episodio della terza guerra di indipendenza italiana. Fu combattuta nei territori comunali di Bagolino e Storo, il 25 giugno 1866, tra il 2º Battaglione Bersaglieri Volontari Italiani e alcune compagnie del 2º Reggimento Volontari Italiani comandate dal maggiore Nicostrato Castellini del Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi e gli austriaci del reggimento Principe Alberto di Sassonia, bersaglieri di Innsbruck comandate dal capitano conte Wickenburg della 8ª Divisione del generale Von Kuhn. Vinta dagli italiani costrinse gli austriaci a ripiegare nei forti d’Ampola e Lardaro.

Abbattuto sul ponte con un robusto calcio il cancello di legno che segnava il confine di Stato, il tenente Giovanni Battista Cella dei bersaglieri vi passò per primo con la sua avanguardia. Alla prudente avanzata dei garibaldini fino alle porte del villaggio di Lodrone seguì un immediato contrattacco, al grido di “Kaiser-Kaiser!”, delle compagnie austriache comandate dal capitano conte Wickenburg dei bersaglieri di Innsbruck che costrinse sul momento i volontari di Garibaldi a ripiegare sulla sponda italiana del fiume Caffaro.
Tra i vari episodi del combattimento vi fu il celebre duello fra il Cella e il capitano boemo Rudolf Ruzicka della 12ª compagnia del reggimento Principe Alberto di Sassonia che si affrontarono sul ponte in un vigoroso corpo a corpo, alternato da colpi di sciabola, magistralmente descritto nei suoi racconti da Cesare Abba. Rimasti entrambi feriti, il capitano Ruzicka, nonostante fosse difeso dal solo trombettiere Lusk, poiché tutta la sua truppa si era ritirata più in là a debita distanza, fu colpito dapprima da una baionettata alle natiche infertagli da Giovanni Trovaioni detto il Rosso di Trento, soldato della 2ª compagnia del Marani, poi da una morsicatura di Caffaro (cane), il bulldòg al seguito delle camicie rosse e alla fine, malconcio, dovette arrendersi prigioniero. Il cane, di proprietà del sottotenente Giulio Grossi di Venezia sempre della compagnia del Marani, fu ribattezzato per l’occasione “Caffaro” e seguì fedele il suo padrone per tutta la campagna fino a Magasa e alla battaglia di Pieve di Ledro del 18 luglio ove il Grossi fu ucciso in un intrepido assalto. Caffaro, affranto dal dolore, sostò pietosamente per due giorni sulla sua tomba, guaiolando in continuazione, finché non fu preso in consegna dal capitano Tommaso Marani. A guerra finita, lo affidò a Venezia al padre dell’eroico ufficiale, gondoliere dell’albergo Danieli, ma ben presto Caffaro morì, di crepacuore.

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