lunedì 2 maggio 2011

Resis...che?!, Liberaz...che?!


Carlo Girardi motiva la rimozione del 25 aprile con l’imperante revisionismo
La labile memoria dei rivani
Pochissimi i presenti alla commemorazione dei Martiri



RIVA. Carlo Girardi, già professore di storia e filosofia al Maffei, è uno di quelli -pochi o tanti che siano- che alla democrazia come valore fondante della civile convivenza, ci crede. Ecco il motivo d’una sua considerazione sull’ultimo 25 aprile di cui a Riva più che la ricorrenza sono state celebrate le esequie. L’Anpi organizza come sempre la cerimonia davanti alla lapide che ricorda i Martiri del 28 giugno giustiziati nel 1944 dai nazifascisti.
«Ma davvero quest’anno si tocca con mano quanto sia labile la memoria dei Rivani. Complice senza dubbio la coincidenza con la Pasquetta, ma soprattutto un certo tipo di propaganda e di costume politico in odore di revisionismo che da tempo attraverso le voci dei media cercano di convincere gli Italiani che tutto sommato non è più il caso di insistere nella celebrazione di certe ricorrenze: è ora di guardare oltre, di scrollarsi di dosso i fantasmi del passato, di smetterla con questi patetici cerimoniali che richiamano alla memoria i valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Liberazione. Non è più il caso, dopo tanti anni, di parlare ancora degli ideali di libertà, giustizia e uguaglianza sociale che animarono allora le coscienze di tanti Italiani e li spronarono alla lotta partigiana contro la dittatura fascista e l’occupazione nazista. In particolare e “obiettivamente” afferma siffatta propaganda la lotta partigiana, qui nel Basso Sarca, e più in generale nel Trentino, è stata solo un fatto marginale e certamente Riva non è stata insignita della medaglia d’oro in quanto simbolo della Resistenza. Eppure proprio nella nostra città è stato perpetrato un eccidio tra i più efferati, una fredda esecuzione che ha stroncato la vita di alcuni giovani studenti forse troppo idealisti, forse sprovveduti, ma di sicuro innamorati della libertà e la lapide al pianterreno del Palazzo civico è lì a ricordarcelo: Gastone Franchetti, Enrico Meroni, Eugenio Impera e tanti altri, giovani e meno giovani, sono caduti semplicemente perché hanno sognato di riscattare la loro e la nostra patria dal giogo fascista e dall’occupazione nazista. Hanno osato mettersi in gioco con la generosità, l’entusiasmo e lo slancio che caratterizzano la giovinezza senza i calcoli e la prudenza dei benpensanti. E hanno pagato con la vita il loro sogno di un mondo migliore. Però quest’anno il 25 Aprile di fronte alla lapide che ricorda quei caduti per la libertà di tutti noi c’era soltanto uno sparuto gruppo di persone, qualche rappresentante dell’ANPI, pochi simpatizzanti e il tutto si è concluso in un quarto d’ora dopo un breve discorso del segretario di zona dell’ANPI e il canto sommesso di Bella Ciao. Non più di 15 minuti ignorati dalle autorità civiche e dai molti turisti che verso le 11 affollavano Piazza 3 Novembre. Tornando a casa riflettevo non senza un velo di tristezza. Ricordavo in particolare l’anno precedente quando in effetti la celebrazione era stata di ben altro tenore con le testimonianze dei partigiani, gli interventi e la presenza ufficiale delle autorità cittadine. Allora era presente tra l’altro il compianto amico Luciano Baroni che comunque, se ben rammento, pur manifestando una certa soddisfazione per la riuscita di quella celebrazione, alla fine commentava dicendomi con una certa amarezza che per il futuro anche quella importante ricorrenza era destinata ad essere dimenticata. E aveva ragione, perché considerando come sono andate le cose quest’anno, sembra proprio che il 25 Aprile sia morto con lui».



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Resis...che?!, Liberaz...che?!
Il piagnisteo di chi non ha compreso il suo fallimento


Il punto, per i cari compagni partigiani, è che la gente ormai non se li fila più e loro ci rimangono maluccio. E questo accade non solo per la loro nauseante retorica ma perché il mito resistenziale si è sciolto come neve al sole. Il revisionismo di cui parlano non è altro che semplice attività del ricercatore che indaga i fatti storici, e non si tratta di revanscismo. Capisco dispiaccia loro non constatare l'asservimento totale della storiografia ai diktat di regime, come accadeva qualche anno or sono, ma il motivo per cui i rivani non scendono in piazza non risiede nella diffusione ormai commerciale delle opere dottor Pansa.
Giustizia sociale e libertà non sono di casa nella loro Repubblica, ed oggi che il paraocchi dato dell'ideologia sta svanendo le loro celebrazioni appaiono per ciò che sono: vuote scenette nostalgiche.
Che la storiella resistenziale sia per lo più una farsa, una menzogna costruita ad arte per tenere ai tempi insieme una dirigenza politica con radicali divergenze come democristiani e comunisti, che molto poco avevano in comune, è dato assodato ed evidente. Che i comunisti, i quali componevano la grande maggioranze delle file partigiane, lottassero per Mosca e per l'instaurazione di un regime di stampo sovietico, è altro dato da sottolineare. Ma credetemi, rispetto a tutto ciò e a molto altro, alla gente non interessa niente. Ai nostri concittadini non interessa dei crimini, dei misfatti, degli attentati terroristici che sono stati insabbiati, dell'asservimento americano o del rientro in grande stile della Mafia.
No, a loro tutto questo non importa, eppure i cari partigiani sono lo stesso arrivati alla frutta. Un bell esame di coscienza?


Edoardo Regis

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