giovedì 25 novembre 2010

Yukio Mishima 25 novembre 1970 - 25 novembre 2010


Il 25 novembre del 1970, il grande scrittore giapponese Yukio Mishima (all' epoca già famosissimo in tutto il mondo e per tre volte candidato al premio nobel per la letteratura), dopo aver preso in ostaggio il capo di stato maggiore dell'esercito ed aver arringato con un memorabile discorso politico e culturale i soldati della caserma di Ichigatami, si tolse la vita tramite il seppuku (taglio del ventre Tradizionale). Il gesto estremo di Mishima, ultimo atto di una vita eroica e sublime, rappresentò un grido lancinante e fiero di denuncia e rivolta radicale contro il Giappone moderno: contro lappiattimento culturale, contro l'americanizzazione inarrestabile, contro l'inadeguatezza e l'incapacità della democrazia, contro la perdita dei valori della Tradizione, contro la mollezza della borghesia, contro la mancanza di volontà di potenza. Che senso ha ricordare oggi Yukio Mishima? Oggi che "l'evoluzione" della tecnologia robotica e quella delle idee umane si fanno forti di velocità proprie impressionanti, disarmanti ed in crescita esponenziale continua? Trascorrono i mesi, non gli anni, e tutto si modifica, spesso si stravolge: sotto i colpi di questa progressione travolgente che fa spesso rima con involuzione, è facile, sarebbe facile, restare a guardare inerti il "mostro" moderno convinti che nulla si possa più fare, che nulla si possa più opporre ad esso. Eppure il senso della vita, della morte ed anche dei trascorsi artistici di Mishima, risiede proprio nella ribellione al mondo moderno, in questa lotta giusta che si deve intraprendere e perseguire comunque. Certamente essa si circonda di un alone romantico e perche no, anche eroico, derivante dalle difficoltà oggettive che essa incontra anche nelle piccole gesta quotidiane di cui si fa ispiratrice; ma sono proprio le difficoltà che rendono questa lotta affascinante, appassionante e poetica. Non ci si deve fare dunque illusioni sull'esito di questa sfida, poiché è chiaro che all'orizzonte non si vede l'alba della vittoria ma solamente salda e duratura la notte della sconfitta. Se volessimo poi cogliere in Mishima una precisa caratteristica sublimante questa lotta, non potremmo che restare abbagliati da un raggio solare più luminoso degli altri: il Sacrificio. Non c'è vittoria senza sacrificio, e quando anche in tal modo si presentasse essa profumerebbe meno della sconfitta stessa. Senza emulare gesti estremi come quello del seppuku di Mishima, sarà fondamentale sapersi sacrificare tutti i giorni nelle piccole come nelle grandi cose, donare se stessi quotidianamente; consumarsi per le proprie idee e per gli altri come la candela si consuma, amandola, per la fiamma. Così facendo avremo vinto innanzitutto la battaglia che si svolge in noi stessi, divenendo in tal modo pronti ad aprirci verso l'esterno per combattere il mostro; nel nome del giusto e, ce lo si consenta, nel nome anche di Yukio Mishima.

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