martedì 31 agosto 2010

Progetto Genoma

TRENTO. Mezza mela al giorno toglierà il medico di torno. Sì, ne basterà anche mezza perchè la supermela che il Trentino potrà brevettare nel giro di quattro anni sarà più nutriente e salutare di quelle attuali. Ma anche più dolce, più zuccherina, più bella e, pure, colorata. Potenza del lavoro svolto dai ricercatori dell'istituto di San Michele.


La scoperta della sequenza esatta del genoma della mela (per l'esattezza della Golden Delicious) è un evento scientificamente di altissimo livello e spetta tutto allo staff della Fondazione Mach che questa volta, come ha commentato il presidente Dellai, si è fatta pure furba e non si è fatta scippare la paternità della scoperta com'era accaduto con la scoperta del genoma della vite. La mappatura ora apre scenari molto importanti dal punto di vista concreto. Perché la soddisfazione scientifica va di pari passo con l'applicazione concreta delle novità emerse al microscopio. E' inevitabile, ugualmente, chiedersi che cosa capiterà ora che la sequenza genomica è nota a tutti. Non ci sarà la tentazione di manipolare "astutamente" la natura per forzarla nella direzione voluta? In teoria sì, si può fare. Anzi, in qualche modo lo ha fatto anche San Michele, producendo in vitro alcuni "bonsai" per verificare la risposta di alcuni specifici genomeni. Ma le pianticelle sono poi state rigorosamente distrutte.
«Non possiamo escludere - commenta Corrado Velasco, direttore del team della scoperta - che qualcuno in giro per il mondo lo faccia, ma non è certo questa la nostra intenzione. Noi procediamo secondo natura e rispettiamo i tempi biologici della pianta». Praticamente il lavoro si tratta di agevolare l'incrocio tra piante con precisi genomeni che si intendono evidenziare. La scoperta della sequenza genomica ha un anno (solo ora la rivista scientifica Nature Genetics ha pubblicato i risultati dopo una minuziosa verifica della veridicità), ma l'istituto agrario non è rimasto con le mani in mano. «In verità - spiega il direttore Roberto Viola - è già da una decina d'anni che stiamo sperimentando varietà diverse di mele. Abbiamo già diversi ettari coltivati con dodici genomi diversi». Praticamente si tratta della prima generazione di meli che dovranno affinare le loro qualità da passare alla successiva generazione. Il ciclo per arrivare ad una produzione va dai 7 ai 10 anni e la recente scoperta permetterà di accelerare l'individuazione di quei marcatori che portano con sé le caratteristiche che si vogliono sviluppare. Tendenzialmente si punta su due obiettivi: avere delle mele di sapore "diverso" e aumentarne la resistenza alle malattie. «Ma scordatevi subito la mela perfetta - ha ammonito il presidente Francesco Salamini - perché sarà impossibile eliminare totalmente i trattamenti chimici. Certo, si potranno ridurre ma non evitare del tutto. Anche in questo campo però la ricerca effettuata a San Michele negli ultimi vent'anni ha fatto passi da gigante e non va cestinata». Niente mela perfetta, d'accordo, ma diversa sì. Anche nel colore. «Certamente - spiega il dottor Riccardo Velasco - perché una volta individuato il marcatore del colore si potrà puntare su quell'aspetto per rendere la mela accattivante all'occhio. E una volta fatta bella la si potrà fare anche buona, incrociandola con la pianta che porta il marcatore adatto. In Nuova Zelanda lo hanno fatto, ad esempio, e si sono già brevettati il loro albero. Noi? Realisticamente nel giro di tre o quattro anni potremmo essere pronti a brevettare il primo melo tutto trentino. Produrrà un frutto diverso, più dolce e intrigante per il consumatore che sta cercando cose nuove». E anche più salutare, ancora più ricco di quelle sostanze che già oggi rendono la mela un prodotto riconoscibile e apprezzato in tutto il mondo. La sfida continua in laboratorio, ma ora piomba prepotentemente anche nelle campagne. A questo punto infatti è fondamentale trovare gli agricoltori disposti a rischiare qualche cosa e permettere la produzione su scala più ampia in modo da accelerare gli incroci e ampliare le estensioni coltivate. Esiste già un'associazione dove l'istituto è socio di minoranza: il ruolo dei produttori è fondamentale.

Insomma... Un prodotto più bello, più buono, meno pesticidi, meno veleni ma più omologato, uguale, chimico, senza terra. Come l'uomo dopotutto. Ben venga la scienza, ma che non uccida la magia della nostra terra e dei nostri prodotti...

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